Arte che libera il mare

Sassolini tondi e striati, conchiglie, legnetti, grovigli essiccati di vegetazione marina. Ma anche frammenti di vetro e ceramiche smaltate di fattura umana restituiti levigati dal mare, lucidi lucidi sulla battigia. Tesori ricercati con dedizione da generazioni di bambini e adulti curiosi e sensibili alla bellezza della natura, alle storie misteriose e frizzanti portate dal mare, al lavoro silenzioso e perfetto dell’acqua, inebriati dalla luce gialla dell’estate, dalla brezza e dal tempo trascorso lentamente sulle spiagge.

Da qualche tempo però il mare restituisce anche grosse quantità di plastica, non nelle sue forme più attraenti, non nei suoi abituali colori sgargianti. Gli oggetti di uso comune, casalinghi, tubi e giocattoli che hanno cessato di vivere nel modo più sbagliato, naufragati nel mare dell’incuria, sbatacchiati per molto e molto tempo dalle onde, ritornano sotto forma di tessere opache e sfaldate di un mosaico che ricostruisce la storia di decenni di indifferenza nei confronti dell’ambiente.

È stato dimostrato che la gran parte dei rifiuti marini è costituita da plastica e gli scienziati hanno addirittura ricostruito una mappa mondiale dei rifiuti galleggianti. Esiste una geografia che individua e descrive negli oceani delle vere e proprie “isole di spazzatura”, ovvero dei luoghi in cui le correnti convogliano tonnellate di plastica. Vortici spaventosi in cui si concentra tutta la preoccupazione per il benessere della fauna marina e non solo, perché ciò che riguarda il mare, riguarda l’intera sfera terrestre e ciascun essere che la popola.

Il rischio maggiore per l’ambiente sembra essere dato dallo sfaldamento del materiale che, eroso dall’acqua salata e dal sole, si degrada in pezzetti piccolissimi fino a un micron di diametro, fino a disciogliersi nell’acqua stessa quasi come un sale. È in questo modo che l’inquinamento da plastica avvelena irrimediabilmente l’essenza stessa della vita, la culla primordiale di milioni di esseri viventi. Le particelle di plastica fino a 5 mm di diametro vengono inghiottite dai pesci, dalle tartarughe e dagli uccelli marini, entrano nella catena alimentare, invadono i loro corpi in maniera permanente. Le buste e i residui di diametro maggiore costituiscono invece, per gli stessi animali, pericolo di soffocamento.

Ecco perché una passeggiata in seguito a una mareggiata può fare da spunto per una giornata all’insegna dell’educazione ambientale, utile a sensibilizzare persone di tutte le età sul problema della plastica dispersa in mare. Se ne può parlare con i bambini, spiegare loro quello che sta succedendo, fermarsi anche a raccogliere i pezzetti di plastica restituiti dal mare, come abbiamo sempre fatto con le conchiglie e i sassolini striati, ma con uno scopo in più. Questa volta il gioco ha tra i suoi obiettivi anche quello di educare al rispetto dell’ambiente e si chiama “l’arte che libera il mare”.

Come si gioca? La plastica è leggera, se non ci sono state mareggiate recenti la troveremo deposta dal mare sulla striscia più lontana della spiaggia, quella dove i frequentatori della costa tirrenica calabrese sono abituati a trovare le pietre pomici che le onde trasportano da Lipari. Possiamo raccogliere i pezzi più visibili, i flaconi, i tubi e i tappi ancora interi, ma, aguzzando la vista, anche i frammenti più piccoli e sbiaditi, separandoli magari per colore.

Se ce n’è la possibilità, possiamo coivolgere nel nostro gioco altri bambini, altre famiglie. Utilizzeremo allora i reperti più vistosi per realizzare insieme sulla spiaggia un’opera di land art. Questa attirerà subito l’attenzione di tutta la gente in spiaggia, le cui reazioni saranno delle più disparate. Da “Oh che bello!!!” a “Bleah che schifo giocare con la spazzatura!!!”, avremo ad ogni modo raggiunto il nostro scopo: quello di aver portato all’attenzione di tutti il problema dei rifiuti in mare. Questo può stimolare una riflessione seria sui nostri consumi, affinché sia limitato l’acquisto e l’utilizzo di oggetti in plastica o ci si preoccupi, almeno, di un corretto smaltimento. La parte finale del gioco prevede di raccogliere i rifiuti e trasportarli negli appositi cestini.

Abbiamo così comunicato ai nostri bambini l’importanza del rispetto per l’ambiente contribuendo anche a ripulire in modo creativo un pezzetto di mondo. E chissà che non rimbalzi la notizia da qualche altra parte, su qualche spiaggia vicina o lontana, con l’augurio che possa diffondersi la moda di fare lo stesso in altri posti, magari per passare un bel pomeriggio, magari sfruttando il tam tam dei social.

“L’arte che libera il mare” possiamo portarla a casa nei nostri atelier privati, utilizzando i frammenti raccolti, lavati e separati per colore, per realizzare insieme ai nostri bambini piccole opere d’arte, per unire le tessere in uno o più mosaici che rappresentino, ad esempio, proprio le creature marine.

L’idea di liberare il mare dalla plastica e di utilizzare l’arte per portare alla luce il problema della salvaguardia dell’ecosistema marino è promossa da qualche anno negli Stati Uniti dalla comunità denominata Washed Ashore e capitanata dall’artista Angela Haseltine Pozzi. L’associazione no profit ha trasformato più di 17 tonnellate di scarti marini in 66 grandi e sgargianti sculture dal forte appeal visivo, che ritraggono per lo più creature marine.

Inoltre, l’amore per il bello e per il mare è per tutto rintracciabile nelle opere dell’artista italiana di origine sarda Annarita Serra. Guardate da lontano molte delle sue opere sembrano dipinti, ma osservate da vicino rivelano la loro natura di composizoni realizzate con scarti, con pezzi di rifiuti di plastica che sono diventati arte quando sono stati raccolti per liberare il mare.

Tra le iniziative realizzate in Italia e che hanno coinvolto anche i bambini, significativa è stata quella condotta nell’estate 2016 a Favignana. I bambini hanno partecipato alla raccolta della plastica sulla spiaggia e questa è stata ingabbiata dall’artista siciliano Pablo Dilet in grandi costruzioni metalliche a forma di lettere che compongono la parola PLASTIC. Nella “S” è stato inserito il tappo ingerito dalla tartaruga Cassiopea, salvata e liberata in quei giorni.

Continuate ora la vostra ricerca del bello, qui le immagini di quello che abbiamo realizzato noi. Buon divertimento!

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